Insieme

Che meraviglia ASCOLTARTI! A occhi aperti verso la Pasqua

Come apprendiamo dal libro del Deuteronomio, Dio fa delle raccomandazioni al suo popolo prima che entri a prendere possesso della terra che Lui ha preparato come loro dimora: Non si trovi in mezzo a te chi fa passare per il fuoco il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o il presagio o la magia, né chi faccia incantesimi, né chi consulti i negromanti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore». Che in sintesi, suonano così: non uniformarti ai popoli che incontrerai, non perdere la tua unicità!

E prima ancora di entrare nella terra promessa, mentre Mosè è sul monte per ricevere le tavole della Legge di Dio, ecco che il popolo si è fabbricato un idolo, un vitello d’oro, a cui offrire sacrifici: tutto alla moda dei popoli pagani.

Risulta tremendamente attuale un simile richiamo, in un mondo, che, al contrario, ci spinge ad essere tutti uguali, a mangiare tutti le stesse cose, indossare gli stessi vestiti, seguire gli stessi programmi di intrattenimento e, se per caso, ciò non avviene, sei quanto meno guardato come strano, insolito. Nei ragazzi, come negli adulti.

Anche il Vangelo di oggi ci invita a riflettere sul valore della libertà e se siamo veramente liberi, oppure ci illudiamo di esserlo. Ai Giudei, che propongono una fede basata sulla tradizione e sul “vanto nazionale” dei legami di sangue di appartenere alla tribù d’Israele e d’essere stirpe d’Abramo, giunge l’invito di Gesù a superare questa forma riduttiva della fede, che rischia di essere rinchiusa entro gli angusti confini di una pratica sterile, incapace di approfondire le questioni più profonde e toccanti dell’essere uomini.

La Parola di Dio si è manifestata in Gesù, Parola fatta carne.

E si manifesta ogni giorno tramite chi si sforza di calare il Vangelo nelle pieghe della propria storia. Come può, ma con tutto se stesso. Sono quelle le parole a cui prestare ascolto, parole che tentano di farsi carne, come il Figlio si è fatto carne.

Nel finale del testo c’è la rivelazione che Gesù dà della propria divinità, espressa in termini che sono fin troppo percepibili per un ebreo.

In quella semplice sentenza: «prima che Abramo fosse, Io Sono». Troviamo, infatti, la traduzione letterale del nome di Jahvè, la certificazione del vero motivo per cui Gesù si è fatto uomo: “affinchè conoscano il Padre” (Gv 17).

Cosa segue a questa rivelazione? Non certo un tripudio, né il riconoscimento di Gesù come Messia. Tutt’altro! I Giudei “raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio” (Gv 8,59).

Dio esce dal tempio. I Giudei, credendo di “fare giustizia”, nel tentativo di mettere in chiaro quale sia la vera fede e nel vano tentativo di uccidere il Messia prima del tempo, riescono solo a far sì che il tempio rimanga vuoto, privo di Dio.

Immagine eloquente di come anche noi, se viviamo una fede che si nutre – solo – di pratiche esteriori, ma manca del contatto con la Presenza divina, rischiamo di vivere in un perenne equivoco, per cui ci avviciniamo a Dio, ma non ne sperimentiamo mai la vicinanza. Perché, in realtà, non gli permettiamo di entrare nella nostra interiorità: non ci affidiamo totalmente a Lui e preferiamo, invece, lasciarlo fuori da quegli ambienti in cui la Sua presenza ci risulta sgradita.

Potremmo, d’altra parte, pensare anche al popolo d’Israele, che ci presenta la prima lettura: i quarant’anni trascorsi nel deserto (che per noi sono i quaranta giorni del “tempo forte” della Quaresima) sono serviti proprio a costruirne l’identità. Del resto, anche noi siamo chiamati a “fare deserto” (con un periodo più intenso di preghiera, riflessione, digiuno, carità verso i fratelli) per costruire la nostra identità.

Dio vuole che noi siamo esseri originali, non scialbe fotocopie – come ci ricorda il giovanissimo beato Carlo Acutis – che si traduce nell’impegno a diventare la più bella versione di noi stessi.

Troppo spesso, infatti, “giriamo al minimo” e, distratti dal rumore che ci circonda, non avvertiamo il suono del motore della coscienza, che – già da un pezzo – ci sta invitando a cambiare marcia.

don Andrea