Insieme

Comunità secondo lo Spirito

La prima lettura della festa di Pentecoste ci riporta a Gerusalemme dopo la morte e resurrezione di Gesù. I discepoli, che erano fuggiti al momento dell’arresto del Maestro, sono chiusi nella loro casa, oppressi dalla paura di essere anche loro accusati, ricercati e giustiziati come Lui. E’ questa la comunità di Gesù: uomini e donne fuggiti per paura, paralizzati dalla paura, senza il coraggio che viene dalla convinzione e dalla fiducia, dalla fede in Colui che avevano seguito senza capirlo in profondità.

Tuttavia in quella contraddizione c’è un lavoro che si compie nel cuore dei discepoli e nella vita della comunità: le parole di Gesù, ascoltate tante volte, seppur come addormentate sono nel loro cuore; la lettura delle Sante scritture, della Torà, dei Profeti e dei Salmi, fatta insieme a Gesù, continua a generare pensieri e acquisizioni di conoscenza del mistero di Dio e dell’identità dello stesso Gesù; la forza della fede del discepolo amato che “vide e credette” (Gv 20,8) e di Maria di Magdala che dice: “Ho visto il Signore” (Gv 20,18) li contagia e li smuove.

Le parole di Gesù all’ultima cena, riportate nel passo del vangelo odierno, parlano del modo nuovo in cui Gesù sarà ancora presente tra i suoi, dopo la sua resurrezione attraverso lo Spirito Santo: «Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.

In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (Gv 14,18-20). Gesù, con il suo Spirito è ancora in mezzo a noi, nella posizione centrale della nostra vita: se non lo è, significa o che non lo vediamo per mancanza di fede, oppure che prendiamo volentieri il suo posto al centro, attentando alla sua signoria unica di risorto e vivente. La più grande tentazione vissuta da Israele nel deserto fu proprio quella di chiedersi: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7). Ecco la poca fede o la non fede di cui siamo preda noi che ci diciamo credenti. In verità Gesù è in mezzo a noi sempre, è l’Emmanuele, il Dio-con-noi (Mt 1,23; 28,20), non ci lascia, non ci abbandona.

Se diamo spazio alla conoscenza della Parola, abbiamo un criterio di giudizio sul mondo, sulla nostra vita e sulla fede personale, ma anche sulla vita e la fede della comunità dei credenti. Anche il rapporto tra pastori (papa, vescovo, i nostri preti…) e gregge dei fedeli resta pregiudicato senza la conoscenza della Parola di Dio. Una proposta pastorale per la vita della comunità non si giudica in base alla simpatia, ai modi più o meno gradevoli di chi – laico o consacrato – fa la proposta.

Perché è la Parola di Dio il metro per verificare la bontà di quella proposta, e per giudicare l’operato di un credente, dall’ultimo dei battezzati fino al papa! E’ la Parola di Dio che ci fa essere concordi pur nella diversità delle opinioni e delle sensibilità. Occorre che noi credenti torniamo a frequentare e a conoscere la Parola di Dio!

Se poi diamo spazio alla presenza dello Spirito, smettiamo di essere una Chiesa timorosa, e le nostre comunità cristiane escono da quella chiusura in se stesse, e smettono di fuggire da quel martirio – che forse non ci chiede di versare il sangue, ma certo di giocarci con la vita – che è la testimonianza della carità verso gli scartati, i poveri e gli ultimi. E’ lo Spirito Santo, infatti, che nei Sacramenti ci “conforma” (= ci dà la stessa forma) di Cristo, che ha spezzato la sua vita e versato il suo amore sull’umanità ferita e lacerata dal peccato, e ci dà la forza per spezzarci e versarci in una vita donata al prossimo.

Una comunità secondo lo Spirito fa di più di una azione di fede: fa una rivoluzione culturale. La Parola di Dio e lo Spirito che guida la Chiesa ci invitano a togliere dal centro l’ideale dell’uomo perfetto che governa la società e la cultura e guida le logiche del mondo, per mettere al centro l’uomo piagato dalla vita e ferito dai mali che affliggono il mondo. E così tutto si compie, poiché la Parola di Dio ci invita a mettere al centro quell’uomo ferito che è il Figlio di Dio, Gesù, e lo Spirito Santo ci spinge a servire Lui negli uomini e nelle donne feriti di ogni tempo.

don Andrea