Insieme

E se Dio passasse di lì ?

C’è una parola che sta all’inizio del brano della Genesi che la liturgia ci ha presentato nella prima lettura della messa di questa domenica, una di quelle parole che senti e, una volta sentita, ti accompagna e quasi la vorresti scrivere dappertutto: su ogni stipite di casa, sulle pareti dell’anima. Il racconto ha appena finito di dire che, dopo aver plasmato l’uomo da polvere del suolo, Dio ha per lui creato un giardino da favola, alberi e acque a non finire. Ma non bastava…
Ecco la parola! E Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo». Da stampare sulle pareti, sule pareti dell’anima!

Soprattutto in questo tempo di pandemia che ci ha costretti ad un isolamento forzato, e ha fatto emergere tante solitudini che molte persone vivono da sempre nel segreto dei loro cuori, delle loro vicende personali, e anche quotidianamente nei nostri contesti di paese, nascosti dalle mura delle loro case… Aldilà di tutti i nostri ragionamenti, è questo il male contro cui lottare sempre, per volontà di Dio Padre e Creatore: la solitudine. Dio è il primo a mettersi in gioco in questa lotta: e cosa fa? Porta ogni sorta di animali all’uomo; sarà l’uomo a dare loro un nome: dare un nome è creare un rapporto: “Tu per me hai un nome”.

Nell’enciclica Laudato sii, papa Francesco denuncia diffusamente che il rapporto virtuoso tra l’uomo e la creazione che fa esistere e dà vita ad entrambi si è rotto quando si è instaurato un dominio spregiudicato dell’uomo sulla Casa comune, dono di Dio, quando l’uomo da custode si è fatto padrone e ha iniziato ad assoggettare a sé il creato, disponendone in modo scriteriato, spingendosi addirittura in modo presuntuoso ad assoggettare a sé i propri simili: altri uomini e donne. Al posto della realtà della comunione, l’uomo ha sostituito di nuovo la solitudine del dominio e dell’assoggettamento. “Assoggettare”. E’ un verbo brutto. E anche pericoloso: Il giardino e quanto conteneva Dio lo aveva dato all’uomo – è scritto – perché lo coltivasse e lo custodisse. Verbi ben diversi dall'”assoggettare”.

Ma anche gli animali non bastavano, anche se c’è un rapporto vero (basterebbe pensare a chi in casa ha un cane o un gatto o un uccello). Ma non bastava. Che bello che Dio desideri che si colmi anche quel vuoto che senti nel cuore quando non c’è qualcuno con cui “corrispondere” (dice il testo), con cui condividere profondità dell’anima, sentimenti e passioni. Che bello questo Dio! Se ci pensiamo, il testo non rivela il volto di un Dio che dice: “Io ti basto”, come capita di trovare scritto in qualche monastero… Abbiamo bisogno anche di altro.

Dopo tutto forse non bastava nemmeno Lui a se stesso. E perché mai ci ha creato? Sentiva forse bisogno di uscire, di amare e di essere amato? Amare non è rimanere in un bozzolo, è uscita. Uscire incontro all’altro. E non per assoggettare. Il verbo “assoggettare”, verbo di dominio, è la rovina delle relazioni. In questo caso, infatti, io dispongo dell’altro, dell’altra e finisce che lo derubo, la derubo di ogni mistero. Se succede, quando succede, non c’è relazione, non c’è amore. C’è possesso, c’è dominio. Forse ci sono amori che non sono mai stati amori, e relazioni che non sono mai state veramente relazioni. E poi… ci sono solitudini che vanno colmate. A tutti i livelli. E quando sono colmate è un bene – non è bene la solitudine! – un bene di cui dovemmo rallegrarci, anzi dovremmo mettere tutta la nostra passione perché nessuno sia nella solitudine.

Quando una solitudine è colmata, lì è passato Dio. E se tu hai aiutato una donna, un uomo, un’amica, un amico a colmare un po’ la solitudine, hai aiutato il passaggio di Dio sula terra. E’ commovente fermarsi a pensare al fatto che Dio porta all’uomo la donna nel sonno, quasi a dire che lì è accaduto qualcosa che non era sotto il nostro controllo, al di là del controllo, o dentro il mistero dei sogni che ci abitano. Adamo ed Eva non vedono Dio. L’uno per l’altra sono il segno che Dio di lì è passato. E li ha sfiorati. Sono segno del suo passaggio sulla terra.

don Andrea