Insieme

Verso un “noi” sempre più grande

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha scelto di celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato il 20 giugno di ogni anno. Quest’anno è stata lanciata una campagna con l’obiettivo di far conoscere i rifugiati attraverso i loro sogni e le loro speranze: prendersi cura della propria famiglia, avere un lavoro, andare a scuola e avere un posto che si possa chiamare “casa”.

“I rifugiati sono studenti e insegnanti, sono atleti, sono cuochi, sono medici e infermieri. Portano con sé nella fuga un bagaglio di competenze che possono arricchire le comunità ospitanti, diventando risorse preziose per la società e per il bene comune, – ha dichiarato Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “Il dramma della fuga rappresenta spesso per i rifugiati il motore di una forte spinta a ricominciare. Noi siamo al loro fianco ogni giorno e chiediamo anche alle comunità e ai governi di sostenerli in questo sforzo”.

Il lavoro e la formazione restituiscono dignità e autostima ai rifugiati e permettono loro di diventare indipendenti e di contribuire all’economia delle loro comunità ospitanti. Lo studio aiuta i rifugiati a costruire un futuro migliore. Attraverso l’accesso a un’istruzione di qualità, possono perseguire le loro aspirazioni, contribuire alle loro comunità e aiutare a ricostruire i loro Paesi. Lo sport promuove il benessere fisico e mentale dei rifugiati e favorisce il legame con le comunità di accoglienza.

Il papa non ha fatto mancare la voce del Vangelo sul tema. Nell’apertura del suo messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 26 settembre scorso, cita l’Enciclica Fratelli tutti: «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”» (n. 35), “un noi sempre più grande”.

«Il futuro delle nostre società – continua Francesco – è un futuro “a colori”, arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali». E rivolto ai cattolici li invita a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, che genera nei credenti una mentalità nuova: «Il suo Spirito ci rende capaci di abbracciare tutti per fare comunione nella diversità, armonizzando le differenze senza mai imporre una uniformità che spersonalizza. Nell’incontro con la diversità degli stranieri, dei migranti, dei rifugiati, e nel dialogo interculturale che ne può scaturire ci è data l’opportunità di crescere come Chiesa, di arricchirci mutuamente. In effetti, dovunque si trovi, ogni battezzato è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa.

Oggi la Chiesa è chiamata a uscire per le strade delle periferie esistenziali per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito, senza pregiudizi o paure, senza proselitismo, ma pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti. Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta, ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza. «I flussi migratori contemporanei costituiscono una nuova “frontiera” missionaria, un’occasione privilegiata di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo senza muoversi dal proprio ambiente, di testimoniare concretamente la fede cristiana nella carità e nel profondo rispetto per altre espressioni religiose. L’incontro con migranti e rifugiati di altre confessioni e religioni è un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso sincero e arricchente»

Non sono parole lontane dal nostro vissuto, anzi! Nei nostri paesi vivono persone singole e famiglie fuggite dai loro Paesi, che stanno tentando fra mille difficoltà di gettare le basi di una vita nuova. La Chiesa universale può diventare inclusiva se questo processo incomincia dal basso, nelle comunità cristiane locali, da un buongiorno e un sorriso quando incontriamo queste persone per via, dall’ascolto sollecito delle loro necessità più concrete, e dal nostro adoperarci affinché trovino soluzione.

don Andrea