Insieme

Guardare senza gli occhi

Nel brano evangelico di questa Domenica, nella situazione storico-politica del tempo con la Galilea sottomessa ai Romani, al contrario di quanto ci aspetteremmo, ci troviamo di fronte ad un centurione amato dagli ebrei: «Egli merita che tu gli faccia questa grazia – dicono a Gesù – perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga» (Lc 11,4-5).

Eppure, per ben altri motivi, Gesù lo additerà quale esempio encomiabile. Non un semplice rispetto umano o bontà d’animo di un brav’uomo. È la sua fede ad essere fuori dall’ordinario, quindi straordinaria, come sottolinea il Maestro: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande» (7,9).

Il centurione chiede infatti quella che noi definiremmo “una grazia” per il proprio servo. Salvo poi aggiungere, premurosamente: «Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono ritenuto neanche degno di venire da te ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito» (7,6-7).

Quando al Maestro è riferita tale frase, nasce in lui quell’esclamazione di ammirazione. È infatti chiaro come una frase del genere sottenda la mancanza di necessità di vedere il miracolo, che rende la fede del centurione umile e libera da ogni sensazionalismo di sorta.

Fiducia è guardare senza gli occhi, confidando nella mano del Padre che opera meraviglie che non comprendiamo (Gb 37,5). Proprio ciò che mostra l’ignoto centurione, di cui però ricordiamo ancora oggi, nella liturgia, la fede in Gesù, riconosciuto come unica possibilità di salvezza.

Che smacco, dev’essere stato, per Gesù stesso, ma anche per tutti i discepoli vedere un centurione romano, cioè, non solo un pagano, ma anche un appartenente al popolo oppressore della libertà d’Israele, essere presentato, suo malgrado, come maestro della fede, con grande umiltà, nei fatti!

Anche a noi, alle volte, costa ammetterlo. Ci troviamo davanti una persona in gamba, ma ci è difficile riconoscerlo. La sua provenienza non ci convince, non abbiamo simpatia per lei. Eppure, la sua semplicità è disarmante. Non ha competenze, ma la sua fede sbaraglia la concorrenza, anche la nostra. Forse è questo che si intende quando si dice che “Dio non chiama i più capaci, ma rende capaci quelli che sceglie”. Fino a renderli esempio credibile di fronte a quelli che s’illudevano (spesso a torto) di esserlo.

Oggi, dunque, la Parola di Dio ci provoca proprio sulla qualità della nostra fede, del nostro rapporto con il Padre.

Nel film ormai datato (2006) Il diavolo veste Prada, la protagonista, ormai avvolta dal mondo della moda e completamente succube della stilista della nota griffe per cui lavora, si sente rimproverare dal fidanzato trascurato con queste parole: “Quando non manchi una sola telefonata con una persona è con quella che hai un rapporto”.

Quanto viviamo il rapporto con il Padre? Non si tratta di misurare quante preghiere diciamo, quante volte andiamo in chiesa… forse… anche…; ma piuttosto quanta fiducia abbiamo in Lui, quanto spazio gli lasciamo nella nostra vita, perché anche Lui possa parlarci e perché noi ci offriamo a Lui. Con fiducia, senza occhi per vedere, aldilà di ogni malcelata pretesa di sensazionalismo, in un dialogo di affidamento quotidiano.

don Andrea