l mese di ottobre, nella Chiesa italiana, è particolarmente dedicato alla preparazione e alla celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre sempre nella penultima domenica del mese. Ogni anno questo appuntamento vuole alimentare la fraternità universale della Chiesa, ossia la comunione con tutte le Comunità Cristiane sparse nel mondo, oltre all’impegno di solidarietà con le Chiese di più recente formazione, con quelle che vivono nei paesi più poveri e con quelle che soffrono persecuzione.
La nostra realtà di fratelli in Cristo ci rende fratelli con tutti gli uomini e le donne del mondo. Abbiamo in comune lo stesso Padre: tutti, senza distinzioni, perfino quelli che pensiamo siano nostri nemici.
La scorsa estate l’esperienza dell’oratorio estivo ha aggregato in un contesto cristiano, ragazzi e ragazze italiani, ma di culture, religioni e provenienze etniche diverse. Hanno giocato insieme, hanno condiviso il tempo in modo gioioso, e gareggiato per far vincere la propria squadra, vedendo negli altri non dei nemici, al più degli avversari. Hanno anche pregato insieme.
Questi ragazzi siedono gli uni accanto agli altri nei banchi delle scuole dei nostri paesi e condividono l’esperienza del conoscere la vita e del diventare grandi insieme. Segni, questi, di una umanità nuova, di una fraternità universale. Segni anche di un nuovo modo di essere cristiani. Anche in Italia sta finendo l’epoca della Chiesa di tradizione, e sta nascendo la Chiesa delle Genti, dove cristiani di diverse tradizioni, culture ed etnie, si ritrovano unite “in un solo corpo”, perché si trovano a vivere in uno stesso luogo, e condividono la vita e la fede in un arricchente reciproco scambio, animate dallo Spirito Santo.
Lo Spirito accompagna i mutamenti storici e culturali, suscitando uomini e donne secondo lo Spirito, capaci di vedere in questi cambiamenti delle occasioni per rinnovare il cuore degli uomini e perfino arrivare a mutare le strutture sociali, secondo il Vangelo. Ma se anche nelle comunità cristiane manca quel senso di fraternità che ci fa condividere la vita, i problemi, le gioie e le situazioni; se non coltiviamo quella solidarietà che rende una comunità “solida”, che unisce i singoli in una comunione di intenti, noi stessi condanniamo la Chiesa (cioè noi) ad essere insignificante e irrilevante, e anche nel piccolo della nostra realtà di Chiesa locale, i più ricchi continueranno a vivere nella bolla delle loro sicurezze, i più poveri nella bolla della loro indigenza, e quelli con persone fragili a loro carico nella bolla della loro solitudine.
Noi credenti siamo chiamati a guardare questo tempo che viviamo e la realtà che ci circonda con occhi di fiducia e di speranza. Siamo chiamati a scrivere racconti inediti di storie di solidarietà che ci trovano uniti nel farci carico dei bisogni del prossimo, capace di rinnovare l’umanità e le sue strutture, di cogliere i segni dei tempi e di aiutare i nostri figli a costruire un futuro su nuovi presupposti, fondato sul Vangelo.
E’ così che la nostra piccola Chiesa locale diventa segno profetico per l’uomo di oggi: una vera novità per l’uomo contemporaneo.
don Andrea