Insieme

Come agnelli in mezzo a lupi

Uno di queste giorni, mentre preparavo una predica su uno dei Vangeli missionari, mi sono scontrato con una voce impellente della coscienza che mi diceva: “Ma queste cose le hanno già sentite mille volte e le conoscono a memoria, perché ripeterle?”. Pena che “le cose risapute” sono quelle che ci dice Mc 6,7-13. Cose risapute, appunto, eppure normalmente trasgredite, nel senso che “il cristiano normale” solitamente non si preoccupa per queste cose.

E fu così, che lasciandomi provocare da questa contraddizione, macroscopica e scandalosa, ovvero che il cristiano medio non si preoccupa più di tanto nell’annunciare il Vangelo, ebbene per i motivi sopra indicati, alla fine ho deciso di condividere questo mio dilemma con le “dodici apostole“, che ho trovato ad accogliermi per celebrare l’Eucaristia (tante erano le sante donne, che hanno dovuto sopportarmi…).
Eppure, come spesso succede in questi momenti di precarietà e spregiudicatezza ad un tempo, ne è uscita una predica/riflessione tra le più interessanti della mia vita missionaria.

In particolare vorrei sottolineare un aspetto per questa breve riflessione.

Di fronte alla mia domanda: “Ma perché il cristiano comune difficilmente si preoccupa di annunciare il Vangelo?”, constatavo che tutta l’attenzione andava focalizzandosi sulle difficoltà, reali o presunte, che incontriamo quando tentiamo di annunciare il Vangelo; ma nessuna si poneva la domanda di fondo: ma Gesù cosa ha detto? E noi cosa ne facciamo del comando di Gesù? E, se è vero che la stragrande maggioranza dei cristiani non si preoccupa con l’annuncio del Vangelo, che cosa succede? Quali sono le conseguenze per la Chiesa?

Il problema, a mio avviso, non consiste semplicemente nel fatto che ci sia poca passione missionaria nella Chiesa attuale. Il vero problema è che ciò non è neanche più avvertito come una palese contraddizione, se non addirittura un tradimento, nei riguardi del Comandamento di Gesù. In pratica ciò che sta avvenendo, nonostante i ripetuti richiami di Papa Francesco, è il nostro dar per scontato che possiamo dirci cristiani, senza preoccuparci minimamente di fare la nostra parte per evangelizzare.

Purtroppo le scusanti che spesso solleviamo, legate alle reazioni maleducate, o violente, che potremmo ricevere, denotano la nostra scarsa conoscenza del Vangelo. Infatti, in tutti i brani in cui Gesù invia gli Apostoli in missione immediatamente Lui stesso dichiara di “inviarli come agnelli in mezzo a lupi”; così come li avverte in anticipo che il rifiuto fa parte “del contratto”, ovvero, il rifiuto opposto ai missionari del Vangelo non riguarda questa società materialista e agnostica. Anzi! Anche nel contesto culturale di Gesù, decisamente religioso, il Vangelo era scomodo e generava rifiuto!

Pertanto, prendere a pretesto il rifiuto, o la derisione dei vicini, dei colleghi, degli stessi familiari, per non porsi in missione, beh tutto ciò è chiaramente un segno della nostra fragilità, più che qualcosa di nuovo ed imprevisto nel panorama della Fede.

Che fare allora, per invertire questa rotta perversa, che sta pregiudicando la Chiesa da molti secoli ormai? Personalmente penso che dovremmo semplicemente assumere e lasciarci provocare dal Comandamento di Gesù: “Andate in tutto il mondo e predicate il mio Vangelo ad ogni uomo”. Tradotto a livello personale significa chiedersi incessantemente: “E adesso, nella mia condizione di vita, in questa situazione in cui mi trovo, cosa posso fare per testimoniare la Buona Novella di Gesù di Nazareth?”.

Se sapremo sopportare il peso di questa domanda, continuamente ripetuta nella nostra preghiera, lo Spirito del Risorto farà il resto..

don Marco