Insieme

Non bastano le opere di carità se manca la carità delle opere

Di solito il primo significato che si dà alla parola “carità” è “elemosina”, toglierci di torno chi ci chiede la carità. Nel migliore dei modi pensiamo alla Caritas, struttura deputata a scodellare minestre, distribuire i pacchi viveri e gli indumenti raccattati qua e là. Ma il significato è ben altro.

Carità: dal latino caritas, che deriva dall’aggettivo carus. In origine questo aggettivo aveva il significato di costoso, che costa molto (ancora oggi si dice che un oggetto è troppo caro). Già in latino carus aveva assunto anche un valore più ampio e indicava non solo ciò che aveva un prezzo alto ma anche un grande pregio: una cosa o una persona cara perché particolarmente stimata e amata.

I ‘cari’ erano soprattutto i parenti più stretti, i membri della propria famiglia. Caritas indicava che qualcosa o qualcuno era carus e, in particolare, indicava il sentimento di stima ed affetto o addirittura di amore. Il cristianesimo ha assorbito molti termini utilizzati nella vita civile e politica romana dandogli un preciso significato religioso.

Caritas viene assunto per significare l’amore in senso religioso, l’amore che Dio Padre ha verso le sue creature e che tutti gli uomini, in qualità di figli di Dio, hanno verso di Lui e fra di loro:

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore e il prossimo tuo come te stesso.

(Mc 12,30-31)

Inoltre, caritas viene utilizzato per tradurre la parola greca Agape (= amore disinteressato).
Caritas è il termine più adatto per tradurre l’amore di Dio: “Deus caritas est” (= Dio è amore) scrive Giovanni nella sua prima lettera (1Gv 4,8).

Il titolo di questo mio intervento è un’espressione di don Tonino Bello, già vescovo di Molfetta, proclamato venerabile proprio giovedì scorso, definito un “esagerato nel bene, nella carità e nell’umiltà”. Perché diceva: “non bastano le opere di carità…”? Perché “Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose”. (T. Bello).

Una pagina del Vangelo ci può aiutare ad entrare nella comprensione di questo. È la pagina di Luca (10, 38-42) in cui si racconta di Marta e di Maria che accolgono Gesù nella loro casa. Maria, seduta ai suoi piedi ascolta-va Gesù, incurante della sorella tutta affaccendata. Marta, indispettita, fa notare la cosa, e Gesù le risponde: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte miglio-re, che non le sarà tolta». Per Marta era tempo sprecato fermarsi ad ascoltare Gesù, con tutto quello che c’era da fare. Non per Maria. Ovviamente sono due modi diversi di esprimere la stessa accoglienza: dedicare tempo alla persona che si accoglie (Maria) e darsi da fare perché l’ospite possa ristorarsi (Marta).

Ma per comprendere il testo bisogna vederlo nella sua collocazione all’interno del Vangelo di Luca. Nei versetti precedenti (Lc 10,25-37) Gesù aveva raccontato la parabola del buon samaritano e nei versetti che seguono Gesù insegna la preghiera del Padre nostro e parla dell’importanza della preghiera (Lc 11,1-13).

Quindi prima parla dell’importanza dell’aiuto e dell’amore verso il prossimo e lo fa con un esempio concreto, con un fatto, con delle persone; poi parla della preghiera, come a dire: attenzione, ti rimarrà difficile fare il buon samaritano se non preghi, cioè se non entri in relazione con Colui che è il Buon samaritano della tua vita, Gesù, se non fai prima l’esperienza di essere stato curato e amato da Lui. Nel Vangelo di Luca questo testo non viene messo per creare contrapposizione, per mettere una sorella contro l’altra, bensì per dire che il servizio prende forma e diventa vero, se parte dall’ascolto e dalla preghiera.

Se nell’Avvento dello scorso anno abbiamo scommesso sull’invito del papa a riscoprire la carità cristiana e la fantasia del bene verso i vecchi e i nuovi poveri, mettendoci nei panni di Marta, quest’anno l’Avvento non è meno Avvento di carità. Senza dimenticare le opere della carità, desideriamo quest’anno riscoprire quel “ri-posarsi” con il Signore, mettendoci nei panni dell’altra sorella, Maria, nell’esperienza dell’adorazione eucaristica per gustare e vedere quell’Amore-Carità che Lui riserva per primo a noi, per vivere la carità verso i fratelli con il suo stesso stile e ricolmi dello stesso amore.

don Andrea