Insieme

«Venite, camminiamo nella luce del Signore» (Isaia 2,5)

L’annuncio del Natale del Signore è affidato anzitutto alla profezia tratta dal libro di Isaia, proposta nella notte santa come prima lettura. Dal tempio posto sul colle di Sion nella città di Gerusalemme esce la legge e la parola del Signore che convocano e guidano i popoli all’incontro con Lui. L’effetto è così descritto dal profeta:

«Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra».

Is 2,4

Come si induce dall’invito di chiusura della profezia: «Venite, camminiamo nella luce del Signore», tutto questo è frutto dell’irradiarsi nella storia degli uomini della presenza del Signore che prende dimora tra di loro.

Ma a fronte di questa profezia, la storia degli uomini appare contraddittoria. A distanza di due millenni della venuta dello stesso Figlio di Dio nella storia degli uomini, quanti convergono verso il Signore sembrano ancora sovrastati dall’onda di quanti, con movimento inverso, dal Signore si allontanano, non ascoltando la sua Parola e disubbidendo alla sua Legge.

Sono forse sparite spade e lance?
Al contrario sono divenute armi nucleari e di distruzione di massa.

Gode forse il mondo di prosperità?
Al contrario, la stragrande maggioranza degli uomini sopravvive a stento, sotto la soglia della povertà.

La pandemia aveva suscitato l’impegno delle Nazioni del mondo affinché tutta l’umanità si salvasse insieme, ma ad oggi, le Nazioni ricche hanno scorte di vaccini inutilizzate che scadono, mentre nel resto del mondo…

Che cosa ha ostacolato alla convergenza verso Dio e alla comunione tra gli uomini di realizzarsi? Che cosa impedisce il rifulgere della gloria a Dio nell’alto dei cieli e il diffondersi della pace in terra tra gli uomini che egli ama?

La risposta a questa domanda ci è offerta nel brano del Vangelo secondo Giovanni.
Nel Natale del Signore, non solo la Luce vera illumina il mondo degli uomini, cosicché possano camminare nella Luce e non brancolare nel buio, ma essa è una Luce creativa, mediante la quale il mondo è stato creato.

«Eppure – ed ecco la risposta – il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto».

Gv 1,11

Come è possibile che ciò sia accaduto? Come può Colui per mezzo del quale ogni uomo e donna sono stati creati non essere da essi riconosciuto?

Proviamo a riflettere su questo paradosso con un paragone visivo. Per poter vedere e quindi riconoscere un oggetto mediante gli occhi è necessario che esso non sia né troppo lontano, ma nemmeno troppo vicino. Spesso lamentiamo la distanza di Dio dalle nostre vicende di uomini, siano esse personali, familiari, sociali, mondiali, ritenendo che Egli sia troppo lontano dalle nostre vicende terrene, tanto quanto il cielo sovrasta la terra.

Non abita forse nei cieli?
Ma potrebbe essere anche il contrario, e cioè che la nostra incredulità sia dovuta non alla sua distanza, ma alla sua estrema vicinanza. In questa direzione conduce proprio il mistero dell’Incarnazione del Signore che celebriamo nel Natale:

«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

Gv 1,14

Forse, la difficoltà nel riconoscere ed accogliere Dio nella nostra vita è dovuta al suo presentarsi con tratti umani, troppo umani per essere creduti divini.
Ma ciò che appare di primo acchito una difficoltà è anche la straordinaria possibilità legata al Natale del Signore. Se Dio si è fatto uomo, allora significa che gli uomini possono incontrarlo, possono addirittura entrare in contatto con lui, stabilire persino un’intimità di vita così come avviene tra due persone che si amano, così come capita, almeno talvolta, in famiglia. È quanto l’evangelista Giovanni ancora annuncia:

«A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati».

Gv 1,12

Proprio questo è il frutto del Natale del Signore, perché gli uomini possano vivere della stessa vita di Dio.

Ma quale prova abbiamo di questa condizione? Qual è il segno che contraddistingue coloro che accolgono Dio?

Paolo indica la prova e il segno nella disposizione a invocare Dio e ad affidarsi a lui come a un «Padre». Facendosi uomo, il Figlio di Dio ha infuso nell’umanità il suo Spirito, disponendo gli uomini, già creature di Dio ad essere suoi figli, dotati della stessa vita divina. Il contatto con il corpo di Cristo, attraverso l’ascolto della sua Parola, la celebrazione dei suoi gesti sacramentali, la carità fraterna, la partecipazione attiva alla vita della comunità è la possibilità per gli uomini di godere di quella vita piena ed eterna che solo Dio può loro offrire.

don Andrea