Insieme

Quel “poco ” che basta… e avanza

Sette pani e pochi pesciolini. In mezzo a una folla di quattromila uomini, senza contare donne e bambini, in mezzo a un deserto, senza un fornaio o il supermercato sotto casa, e nemmeno un telefonino per ordinare un delivery o fare una spesa online. Eppure, quel poco, di fronte allo smisurato popolo affamato, condito con una buona dose di compassione, alla fine basta, e in maniera sovrabbondante.
E’ alquanto strano: il poco è poco, e – fatti due conti – il poco non basta mai. Eppure tutto inizia dal poco: anche la vita umana. E allora, com’è che siamo arrivati a pensare che se è “poco” di sicuro non basterà, che è meglio tenerlo per sé; e che la nostra vita è “poca cosa”, e che è meglio viverla nel nascondimento, tutta per sé, senza condividerla?

Eppure, quanto potenziale c’è anche in un “poco”. Basta alzare un poco lo sguardo da se stessi per accorgersi dell’altro: il bisognoso è il vicino di casa che si sente solo; il ragazzo del gruppo che vorrebbe sentirsi accolto ed è troppo timido per farsi spazio da solo; il nonno anziano che vive di ricordi, ma nessuno ha tempo per ascoltarli; il passante che ha avuto una brutta giornata e basterebbe un nostro sorriso a fare la differenza. Anche con quelli di casa. Quando manca questo “poco”, accadono le tragedie, quelle domestiche, come le incomprensioni o le violenze consumate tra le mura di casa, e quelle mondiali, come le migliaia di profughi ancora ammassati sulla via del Balcani alle porte dell’Europa, le nuove forme di povertà e schiavitù contemporanee, le persecuzioni religiose, e la stessa pandemia…

E’ quella compassione di cui parla il Vangelo, che rende il “poco” qualcosa che basta e avanza. Non è un sentimento, o una inclinazione, che vanno e vengono, allo stesso modo di un raffreddore. La compassione di Gesù ha a che fare con le viscere di misericordia del Padre, di cui hanno un’eco i genitori, che si preoccupano per un figlio senza poterne fare a meno, perché è carne della loro carne. La compassione di Gesù nasce e si alimenta dalla comunione con il Padre, a cui Gesù riconduce tutto e tutti, e da cui Gesù riceve se stesso e ciò che ha da condividere con l’umanità. Con quel “poco” dei sette pani e pochi pesciolini nelle mani – dice l’evangelista Matteo – Gesù rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli e questi alla folla. (Mt 15,36)

E’ ciò che accade in ogni Eucaristia, che noi celebriamo obbedienti al comando di Gesù: “fate questo, in memoria di me!”, cioè ricordando me, a imitazione di me. Dentro questi gesti del rendere grazie e dello spezzare c’è tutta descritta la vita della comunione: la relazione con il Padre e con i fratelli, impregnata di compassione, perché in Gesù Figlio siamo tutti figli dello stesso Padre, e in Lui siamo fatti “carne della stessa carne”: fratelli e sorelle tra noi.

Il cardinale Angelo Comastri, quando ricorda Madre Teresa di Calcutta, ama raccontare del suo primo incontro con lei. Dice: Mi guardò con due occhi limpidi e penetranti. Poi mi chiese: «Quante ore preghi ogni giorno?».

Rimasi sorpreso da una tale domanda e provai a difendermi dicendo: «Madre, da lei mi aspettavo un richiamo alla carità, un invito ad amare di più i poveri. Perché mi chiede quante ore prego?». Madre Teresa mi prese le mani e le strinse tra le sue quasi per trasmettermi ciò che aveva nel cuore; poi
mi confidò: «Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore, così posso amare i poveri. Pregando!».

I liturgisti incastrano i brani del Vangelo che leggiamo in ogni eucaristia dentro la celebre espressione “in quel tempo”. Ma sarebbe più opportuno se ci facessero dire: “Da quel tempo”. Perché da quando Gesù ci ha mostrato come si può vivere da figli del Padre dentro la propria umanità e la propria storia, da allora, quei sette pani e pochi pesciolini sono divenuti l’emblema del “poco” che, accrescendosi, sazia fino all’avanzo. E’ a partire da quel “poco” che abbiamo e che siamo – che basta e avanza – che possiamo
generare vita nuova per la comunità cristiana e dare la nostra testimonianza di credenti in quella civile.

don Andrea