Insieme

Quando dimentichiamo di essere pagani anche noi

Quando dimentichiamo di essere pagani anche noi, diciamo a Dio:
Io sono credente; io ho fatto il bravo; io vado a messa; io non ho fatto del male a nessuno; io ho fatto tante cose buone”. Ci riteniamo gente di fede. Sì: di fede nelle proprie azioni, non in ciò che Dio dice e fa!
Il centurione pagano del Vangelo di questa domenica invece afferma: «Io non sono degno» (Mt 8,8).
E’ uno che aveva ucciso decine di nemici e che ora, davanti alla malattia del suo servo (o figlio: in greco è la stessa parola), si scopriva amante della vita. Il centurione è un peccatore vero, uno che ha usato le mani per fare la guerra e per uccidere: e non è degno della santità di Gesù.

Quando dimentichiamo di essere pagani anche noi, con le parole delle preghiere diciamo a Dio:
“sia fatta la tua volontà”, ma nella testa pensiamo “sia fatta la mia volontà”.
Il centurione dice: «Di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io sono uomo sottoposto ad altri e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa» (8,9). Cioè: «Gesù, io sono un militare. Conosco la forza della parola degli ordini che faccio eseguire. Io posso dare la morte con una parola, ma Tu solo puoi, con una sola parola, dare la vita».
Il centurione riconosce che la parola di Gesù ha un potere assoluto, riconosce che la sua Parola può far indietreggiare la morte, che può trasformare un morente in un vivente. Questa è la fede che salva, la fede che non vuole risposte chiassose, ma che chiede una parola sola, perché una sola parola di Gesù diventa decisiva per la propria e l’altrui esistenza.

Quando dimentichiamo di essere pagani anche noi, dividiamo il mondo in due:
i buoni e i cattivi; i giusti e quelli sbagliati; quelli a posto, e quelli no.
E ovviamente sono sempre gli altri a stare dalla parte che non va.
Noi siamo dalla parte giusta, come quegli ebrei che si sentono “a posto” perché fanno parte del popolo eletto, e si vantano di essere discendenti di Abramo, ma dimenticano un particolare importante: anche Abramo, quando Dio per la prima volta lo incontra, era un pagano. «In nessuno in Israele ho trovato una fede così grande» (8,10) – dice con stupore Gesù del centurione pagano. Gesù accoglie la sua confessione di fede e la mette a confronto con quella di coloro che conoscevano la Parola di Dio, che vantavano di essere discendenti di generazioni di antenati credenti, di essere gente di tradizione, ma che in fondo non credono all’efficacia della Parola di Dio.

Quando dimentichiamo di essere pagani anche noi,
riteniamo che la fede sia una scelta personale, che riguarda il nostro agire. “Decido di credere” – pensiamo.
E, siccome è una scelta tra le tante, possiamo anche scegliere altro. Che se la parola di Gesù ormai dopo anni, decenni, generazioni, diventa scontata, noiosa, inefficace, possiamo occuparci di altro. Ma nella Scrittura non è mai l’uomo che sceglie Dio, o suo Figlio Gesù: è Lui che sceglie! E’ stato così per Abramo, per Mosè, i profeti, per Maria e per gli apostoli… Alcuni sono scelti, e ricevono il dono della fede, altri no. A quanti sono stati raggiunti da questo dono, è chiesto di rispondere al dono. Chi è consapevole del dono, riconosce l’autorità e la potenza della Parola, la cerca come una parola straordinaria, unica, che sentita anche una sola volta nella vita cambia tutto, perché può persino trasformare un morente in un vivente. E’ un’occasione rara, unica nella vita. E se per noi tutto questo è diventato familiare, non trasformiamo la familiarità in ovvietà, non scambiamo la confidenza con la superficialità.

Non dimentichiamoci mai di essere pagani: bisognosi di vita e salvezza.
Il centurione prega Gesù non per sé, ma per il suo servo/figlio. Quando la liturgia al momento della comunione ci fa ripetere le sue parole, ora però rivolte a noi
“Signore, non sono degno… ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato”,
quelle parole sono la sua preghiera per noi,
che siamo suoi servi/figli (= come lui peccatori)
affinché la Parola del Signore ci raggiunga
come ha raggiunto il servo/figlio di lui,
ci guarisca e ci salvi,
non per merito nostro, ma di Gesù,
e della preghiera di qualcun altro per noi.

don Andrea