Meditando nel quaresimale di quest’anno i capitoli 15-17 del Vangelo di Giovanni, abbiamo riscoperto come il mandato ricevuto da Gesù da parte del Padre ritorna praticamente in tutti i suoi discorsi. Nel Vangelo di Giovanni per ben quaranta volte egli esprime la sua coscienza di essere inviato dal Padre. Il suo unico desiderio è di “fare la volontà di colui che io ha mandato” (cfr. Gv 4,34), di “compiere le sue opere” (cfr. Gv 9,4 e 4,34), di ritornare “a Colui che lo ha mandato” (cfr. Gv 7,33; 16,5 ecc.). Questo atteggiamento unifica tutta l’esistenza di Gesù ed è la radice profonda della sua forza, della sua pace, della sua perseveranza. San Paolo riassumerà tutto nella parola: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio” (Gal 4,4). Alla fine dell’intenso discorso ai suoi attorno alla tavola dell’ultima cena, Gesù dice: “Come tu mi hai mandato nel mondo, così anch’io li ho mandati nel mondo” (Gv 17,18).
Venti anni fa, nella prima Pasqua del Terzo millennio, il vescovo Martini diceva: “Quando penso alla nostra Chiesa all’inizio del terzo millennio vedo che essa è chiamata a orientarsi su alcune priorità essenziali. All’inizio di tutto sta la contemplazione del volto del Signore. Da questa deriva il primato della santità, la necessità di essere scuola di preghiera, di porre al centro l’Eucaristia, di nutrirsi della Parola divina, di essere casa della comunione e della carità. E’ dunque possibile esplicitare in molti modi i contenuti del mandato della Chiesa. Ma ciò che mi pare sommamente importante è che la Chiesa tutta e ciascuno di noi nella Chiesa abbia la coscienza di avere un mandato significativo e vitale per il mondo di oggi e per questa nostra società. Questa coscienza di missione è diversa dalla semplice disponibilità a eseguire degli ordini, dal generico invito a darsi da fare, dall’ingegnarsi a escogitare qualcosa di nuovo. E’ una coscienza sacra e santa, che viene dall’alto, che tocca il fondo del cuore, che pervade e illumina la mente, che accende il fuoco dell’amore, che non viene mai meno, che spinge a guardare con scioltezza e fiducia ai pericoli e agli ostacoli di qualunque genere e da qualsiasi parte vengano” (C.M. Martini, giovedì santo, 2001).
Quando questa coscienza si attenua, allora ci si attacca a cose esteriori: ai numeri, al successo, all’indice di ascolto, al gradimento. Ci si consola pensando che vi sono ancora tanti che sono suscettibili di ascoltare la parola della Chiesa o al contrario ci si rattrista pensando a quanti non ascoltano questa parola. Ma non può, né deve essere questo il metro su cui misurarsi. La sorgente profonda della nostra forza sta nella certezza di avere una missione, e nella fiducia che con l’aiuto di Dio ci sarà dato giorno dopo giorno come questa missione va attuata nelle circostanze del nostro tempo. E’ Gesù Risorto e vivente che oggi, ogni giorno, per la voce esterna della Chiesa e per la voce e l’unzione interiore dello Spirito Santo, manda me e te e tutti noi per una missione da compiere oggi, che ha senso per l’oggi e ha un significato cruciale per la gente di oggi. Ci conforta in ogni caso la parola di Gesù: “Come il Padre ha mandato me, cosi io mando voi” (Gv 20, 21), insieme con l’altra parola: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Papa Francesco affida alla Chiesa di oggi il mandato del Sinodo, avviando in ogni diocesi e in ogni parrocchia il cammino sinodale, che ci fa riscoprire il nostro essere “casa della comunione”. E’ quanto ci stiamo preparando a fare con il consiglio pastorale. Ci aiuterà ad uscire dalle secche di una religiosità intimistica, dalla visione clericale della Chiesa e delle parrocchie, e da un vissuto comunitario frammentato vissuto da individui, per riscoprirci comunità che cammina insieme, guidata dalla voce dello Spirito che parla alla Chiesa, che ci riunisce in “un solo corpo”. Chiediamo la grazia, in questa Pasqua, di fare nostra la coscienza di Gesù di essere anche noi tutti figli amati e discepoli “mandati”.
don Andrea