La domenica delle Palme abbiamo vissuto la preghiera interconfessionale per una pace senza confini. Raccolti in cerchio sul campo da calcio dell’oratorio ci siamo incontrati con i fratelli musulmani di lingua araba e quelli senegalesi, una famiglia buddista, e i fratelli cristiani ucraini e russi. Ciascuno ha pregato Dio nella sua lingua, invocando per tutta l’umanità il dono della pace. E’ stato un momento commovente. Senza dimenticare le nostre provenienze, le nostre tradizioni e culture, mantenendo ciascuno la propria identità, ci siamo sentiti uniti, abbiamo condiviso l’anelito di ogni uomo per una vita degna di essere vissuta. Ciascuno ha messo in gioco se stesso, nel modo della preghiera, come artigiano di pace, dal piccolo di questa nostra terra, per costruire la pace universale.
Mentre il cuore si colmava di sorpresa e di gratitudine nel toccare con mano che tutto questo è stato possibile senza grandi sforzi, lo sguardo ha abbracciato l’assemblea riunita e si è soffermato nei volti dei tanti ragazzi in cerchio con gli adulti: quasi la metà dei presenti.
Sono loro i germogli di vita nuova per un mondo nuovo. In mezzo alle contraddizioni del nostro mondo di adulti – prima fra tutte, quella dello Stato italiano che dà il permesso di soggiorno agli stranieri che vivono in Italia, ma per dieci anni li tratta come “stranieri” prima di concedere la cittadinanza italiana (ed è così anche per i loro figli che nascono in Italia!) – i nostri figli e i figli degli “stranieri” studiano insieme, insieme giocano in oratorio e al parco, insieme crescono fianco a fianco, senza le divisioni ideologiche che trattengono noi adulti dal guardarci e dal pensarci come un unico popolo di fratelli e sorelle, che desiderano tutti una vita buona. E’ per loro, ma anche per noi adulti, che momenti come questo sono da moltiplicarsi, in occasioni le più diverse di incontro e di scambio, per conoscersi, abbattere i muri dell’indifferenza, costruire relazioni come ponti, riconoscere le differenze come una ricchezza per crescere in umanità, e costruire un mondo più giusto.
Nell’enciclica “Fratelli tutti” papa Francesco sottolinea che nella casa comune del mondo viviamo tutti come un’unica famiglia e propone azioni concrete per restaurare il mondo e superare le ferite generate dalla crisi della pandemia, che ora è diventata crisi sanitaria, economica, sociale, politica, a cui si sono aggiunte le ferite della guerra in corso. “I segni dei tempi mostrano chiaramente che la fraternità umana e la cura del creato formano l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace” – diceva presentando l’Enciclica. Le azioni concrete che il papa indica sono: la pace, perché nessuna opera sarà possibile se le nazioni e i popoli continuano a combattersi; il dialogo, perché ciascuno trova la propria completezza nell’altro; il no a ogni tipo di guerra; la lotta alla globalizzazione dell’indifferenza e la promozione dell’inclusione sociale.
Nei Vangeli di questi giorni pasquali gli evangelisti non usano mai l’espressione “morì” per raccontare la fine della vita terrena di Gesù crocifisso. Usano espressioni diverse che esprimono tutte il suo spirare: il suo donare il soffio vitale che è il soffio dello Spirito, della vita divina che abita in Lui. E’ il compimento della creazione, perché fin dall’inizio “lo Spirito di Dio aleggiava” sulla terra ancora informe e deserta (Gen 1,2). Questo Spirito il Risorto dona ai suoi, e li accende di vita nuova, una vita capace di queste azioni concrete che esprimono la consapevolezza dei credenti di essere figli amati dal Padre, e di essere in Cristo fratelli e sorelle di tutti, la cui vita terrena, vissuta nell’amore e nella cura del prossimo, germoglia già, nascosta con Cristo, in Dio Padre.
«Fratelli tutti», scriveva san Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle, e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo.
Con queste poche e semplici parole, con cui apriva le sue lettere, il Santo di Assisi ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita.
Infatti San Francesco, che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi.
Enciclica Fratelli tutti, n. 2
Voglia Dio Padre benedire gli sforzi degli uomini di ogni età, lingua, popolo e nazione, e tutti i credenti nel suo amore, che si adoperano per far crescere, in nome del Vangelo, germogli di vita nuova.
don Andrea