Insieme

La “resistenza” come atteggiamento

Fin dalla notte dei tempi l’umanità ha creato dei modi per giustificare la guerra.
Non siamo mai andati a distruggere l’habitat naturale di un popolo: noi abbiamo portato il progresso.
Non abbiamo mai ridotto in schiavitù interi popoli: abbiamo fatto capire che cos’era la civiltà.
Non siamo mai andati a far crollare economie altrui e a depredare di tutti i propri averi: noi abbiamo fatto capire che cosa voleva dire democrazia.

Ci siamo inventati la guerra lampo che non fa male; la guerra giusta, che ci vuole.
Ci siamo inventati addirittura la guerra santa!
E come tutte le volte in cui una Chiesa è andata a braccetto con il potere politico, anche in questa guerra tra Ucraina e Russia, che all’apparenza è una guerra giusta, di liberazione, di resistenza all’invasore, anche le Chiese si schierano le une contro le altre.

Non guardiamo più ai morti, uccisi dalla cieca violenza che non distingue chi combatte dalla popolazione civile inerme, chi è andato in guerra da chi non sa neppure perché la guerra sia scoppiata. Ma guardiamo ai “valori” e così giustifichiamo i morti appellandoci alla difesa della nostra “civiltà”. E’ l’ora dei potenti di questo mondo, quando il grido della povera gente, della gente comune, resta inascoltato e la loro disperazione non viene riconosciuta, non diventa neppure oggetto di compassione.

Perfino la condivisione di un gesto simbolico come il portare la croce insieme ucraini e russi in una stazione della via crucis del papa del venerdì santo è stato giudicato incomprensibile e offensivo. Le due ragazze che portavano la croce avevano tutto il diritto di invocare la pace e dare un segno al mondo. Non possiamo addossare la responsabilità della guerra a un popolo intero. Lo scandalo per i credenti è che nemmeno i cristiani siano più disposti a portare la croce, oggi come ieri. Ma se nemmeno pregare insieme e percorrere insieme la via della croce è possibile, il Vangelo è veramente rinnegato.

Anche noi abbiamo pregato insieme, la domenica delle palme: c’erano cristiani cattolici, ortodossi ucraini e russi, i fratelli musulmani di lingua araba e quelli senegalesi, una famiglia buddista. E’ accaduto qui, in una terra dove in un tempo non lontano la guerra di liberazione ha visto schierate le persone degli stessi paesi, di una stessa cultura e nazionalità e fede, le une contro le altre.

Papa Francesco – mai così censurato come di questi tempi – tuona contro questa Europa di cui facciamo parte anche noi italiani, che con le sue scelte in appoggio a questa guerra di “resistenza e di liberazione”, dimentica il prezzo di tante vite e di tanta distruzione, per ottenere una pace che non è frutto di dialogo, ma di scontro armato. E la voce del papa è scomoda in questo momento per l’Europa, perché nessuno vuole negoziare, nemmeno i governi europei che sono completamente appiattiti su quello degli Stati Uniti.

Siamo cresciuti nella cultura tutto sommato pacifica del dopoguerra e della Costituzione che ripudia la guerra. Come è possibile che tutto sia cambiato così velocemente? Non dimentichiamo la guerra dei Balcani. Non dimentichiamo che allora noi italiani non ci siamo limitati a mandare armi, siamo intervenuti direttamente sganciando noi le bombe, con un governo di sinistra. Ora facciamo una guerra per delega, anche se sempre nella stessa logica.

Si dice: gli ucraini hanno diritto di difendersi e quindi l’invio di armi è giusto. Ma questa è una scelta ipocrita!
Si combatte non con il proprio corpo, ma con quello degli altri. Le vittime continueranno a essere ucraini, ma questa guerra è una guerra tra l’Occidente e la Russia, che si vuole a tutti i costi umiliare e annientare. Dobbiamo stare attenti: il nostro domani non sarà più così pacifico, il resto del mondo non vuole più riconoscere la supremazia assoluta del grande gigante americano. Cina, India e gli altri Paesi vogliono un equilibrio mondiale, non un padrone assoluto.

I sostenitori della guerra non vedono altre vie d’uscita. Se andiamo avanti ci saranno altre vittime e queste vittime sono vittime per sempre, sono morti per sempre.
Non ci sono valori più alti della vita di ciascuno: ognuno ha una storia, una famiglia, amici, amori, sentimenti.
Ma quando un uomo è morto è morto per sempre! La memoria dei caduti nella nostra guerra di liberazione, non ci porti mai a dire che esiste una guerra giusta. Ci sia invece di monito e di incoraggiamento per assumere l’atteggiamento della “resistenza” come stile di vita: di resistenza in nome del Vangelo ad ogni forma di oppressione, di prevaricazione della libertà, di negazione della giustizia, per essere artigiani di dialogo e di pace.

don Andrea