Insieme

Cammino Sinodale : una Chiesa che “discende” nella storia per “salire” al cielo

Voi ricordate i giorni in cui la città era immobile, strade deserte, silenzi palpabili. Come tutte le mattine, anche quella mattina, uscii di casa alle sette, non un’ombra umana per strada. È mia abitudine da anni uscire a prendere il giornale a quell’ora, anche se so che finirò per sfogliarlo a strappi la sera. Persino imbronciati mi apparvero i semafori che accusavano l’insignificanza del loro lavoro. Il più delle volte mi capita di attraversare la piccola piazza oltre i semafori, con gli occhi in alto, immersi nelle fronde, ogni giorno più rigogliose, dei quattro gelsi che non si lasciano intimidire per mancanza di un prato verde e, a tempo giusto, danno generosi more nere di città. Stavo per lamentarmi per l’assenza dell’erba, quando gli occhi mi corsero ai lastroni di pietra che fanno la pavimentazione della piccola piazza. E fu Indugiare stupito all’incanto di ciuffetti di erba che osavano affacciarsi tra lastrone e lastrone dalle piccole fessure. Come trasognati, per assenza di piedi che li calpestassero, sembravano chiedersi che cosa stesse accadendo. Quasi non sembrasse loro vero che potessero sporgersi a curiosare e stare senza pericolo all’aperto, sconfinare dall’assedio.

Forse in ogni donna e in ogni uomo, e anche in un filo d’erba, c’è un anelito di ascensioni. Quanti aneliti calpestati. Come dicessimo: “Tu no. Rintanati sotto l’immobilità dura, fredda, delle pietre”. Quasi uno non avesse diritto di vivere, di respirare. Ti prego, tu che credi all’ascensione del tuo Signore, non stancarti di impegnarti perché anche il più fragile ciuffo di erbe osi affacciarsi alla vita. E trovi non pesantezze, ma respiro”. (A. Casati)

C’è una parola imperdibile nella lettera agli Efesini, di questa festa dell’Ascensione del Signore al Cielo, per coloro che ancora si chiedono che cosa significhi “ascensione”. Riascoltiamo: “Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose” (Ef 4,7-9). L’ascensione non è un andarsene di Gesù da questo mondo. Il suo “discendere” nell’incarnazione non viene cancellato dal suo “ascendere” e tornare al Padre. Perché per questo si è fatto come noi: per riportarci al Padre da redenti, insieme alla creazione redenta. E per farci “salire” con Lui, è dovuto prima “discendere” verso di noi: “discese agli inferi” recita il simbolo degli Apostoli. Discese nell’inferno dei drammi della terra per sollevare tutti da dove regna il soffocamento dell’umano.
Questa festa porta con sé l’invito pressante ad essere testimoni “scendendo”, come è sceso il nostro Maestro. “Scendere”, non “proclamare dai balconi”, scendere nella concretezza della storia. Scendere là dove le condizioni sono a dir poco disumane. Perché scendere è garanzia di ascensione.

Alla luce di questa festa pasquale comprendiamo l’insistenza del papa per una Chiesa povera, dal basso. Qualcuno lo accusa ancora di essere un papa che non pensa al cielo, ma solo ai problemi sociali e alle cose della terra. Ma a lui sta a cuore che ascendiamo! Per questo, nella logica del Vangelo, ci invita a scendere, come singoli cristiani, e come Chiesa.

Il cammino sinodale, dando voce alla “base” della Chiesa (ai fedeli, ai vicini come ai lontani, agli esclusi e agli ultimi), vuole mettere in discussione l’impostazione gerarchica della chiesa che ha generato in essa – suo malgrado – un movimento esattamente contrario a quello evangelico. Mentre Dio si spoglia di se stesso per farsi uomo e vicino agli uomini, nella Chiesa certo modo di vivere la gerarchia vede ergersi alcuni su altri e innalzarsi in posi-zioni di potere, coloro che sono stati investiti di un dono particolare per il servizio di tutti. Alla Chiesa secondo il Vangelo sta a cuore il cielo. Per questo, papa Francesco, che in nome del Vangelo vuole una Chiesa “povera per i poveri” dice: «Ci sono creature che sono tenute soffocate, sono agli inferi. Per quanto puoi, scendi come il tuo Signore e tenta di farle riemergere alla vita. Sarai testimone di vere ascensioni».

don Andrea