Insieme

Lo scandalo di un Dio al contrario

Una volta sono stato invitato a cena in casa di una famiglia. Accolto sulla porta di casa, mi sono subito accorto di trovarmi in una casa lussuosa: l’ingresso era affollato di mobili e soprammobili di pregio, sicuramente provenienti da diverse parti del mondo. Tutta la famiglia si è radunata per accogliermi: i genitori sorridenti, i ragazzi chiassosi e impazienti. Io entro, saluto, e poi, preso da curiosità afferro un vaso messo in bella mostra tra gli altri per guardarlo da vicino. In quell’istante si è creato il gelo. I volti sorridenti si sono fatti preoccupati, i ragazzi si sono di colpo bloccati e mi hanno guardato con occhi sbarrati. Si è creato un clima di sospensione e di attesa, rotto poco dopo dalle parole ansiose della mamma che ha detto: “don, è molto delicato e costoso. Stai attento a non farlo cadere”.

Nessuno si era mai azzardato a prendere in mano quel vaso, nemmeno i ragazzi, che fanno sempre il contrario di quel che gli dici. Mi sono accorto che quel gesto spontaneo e un po’ imprudente aveva scandalizzato tutti. Sul momento ho cercato di nascondere la mia meraviglia. Siccome quando ricevo un invito a cena, poi capita spesso che il parlare si sposta dalle cose leggere alle questioni più pregnanti della vita, ho aspettato il momento giusto per riprendere ciò che era successo. “Vedete – ho detto ad un certo punto – Dio Padre ha mandato suo Figlio, la cosa più preziosa che aveva, e ce lo ha messo nelle mani. Non ci ha detto: «attenti! Trattatelo con cura! Non rompetelo!». No, lo ha messo nelle nostre mani, per amore, e ha lasciato che noi ne facessimo quello che volevamo. E noi, incoscienti che l’uomo Gesù è proprio il Figlio di Dio, lo abbiamo schiantato a terra fino ad ucciderlo. Proprio come un vaso prezioso lasciato cadere che va in mille pezzi”. Non c’è stato bisogno di aggiungere spiegazioni. Tutti, compresi i ragazzi, avevano capito cosa intendessi dire su Gesù, proprio in riferimento al fatto del vaso prezioso.

Ciò che di Gesù è scandaloso è il suo consegnarsi in una carne fragile e in un corpo mortale, a carni fragili e corpi mortali, cioè a noi. Com’è possibile che Dio si consegni in un uomo, “il figlio di Giuseppe” (Gv 6,42), come creatura che può essere consegnata, tradita, data in mano ai peccatori, come farà proprio uno dei Dodici, Giuda, un servo del diavolo (Gv 6.70)? La fede inciampa nel dover accogliere l’immagine di un “Dio al contrario”, di un “inviato divino, un Messia”, che è fragile, povero, debole e del quale gli uomini possono fare ciò che vogliono… È lo scandalo dell’umanizzazione di Dio, patito lungo i secoli da molti cristiani, da molte chiese, dall’Islam stesso, e ancora oggi dagli uomini religiosi che accusano di non credere in Dio chi accoglie dal Vangelo il messaggio scandaloso di un Dio fattosi realmente, veramente uomo, carne mortale, in Gesù di Nazareth. Ma c’è una forma di eresia nella fede cristiana che preferisce, come tutte le religioni, un Dio sempre e solo onnipotente, un Dio che non può diventare umano. Per questo Gesù incalza coloro che sentono duro il suo parlare dicendo: “Volete andarvene anche voi?”

C’è da domandarsi perché nella Chiesa non si abbia il coraggio di far risuonare ancora oggi queste parole di Gesù, perché si punti ancora al successo delle iniziative, perché si faccia ancora la conta del numero dei credenti, si compiano sforzi mirando alla grandezza della comunità cristiana e non alla qualità della fede. Siamo tutti gente di poca fede! La crisi invece, che è sempre fallimento, la allontaniamo il più possibile, la dissimuliamo, la tacciamo, affinché non appaia che a volte perdiamo, cadiamo, falliamo anche nelle nostre imprese ecclesiali e comunitarie più conformi alla volontà del Signore. Di per sé il Vangelo ha la forza di attrarre e di lasciar cadere: basta che sia annunciato nella sua verità e con franchezza, senza essere edulcorato.
Così termina il discorso di Gesù sul pane della vita. Alla fine probabilmente sono più le cose che non capiamo, le realtà che non riusciamo a percepire, rispetto a ciò che abbiamo compreso. Anche noi siamo forse urtati dalle
sue parole, sul suo essere “disceso dal cielo”, su quel pane come sua “carne” e quel vino come suo “sangue”… facciamo proprio fatica ad accoglierle fino a viverle. Se però, come i Dodici, non ce andiamo, ma restiamo con le nostre insufficienze presso Gesù e tentiamo di essergli discepoli, ciò è sufficiente per accogliere il dono gratuito e non rifiutarlo o misconoscerlo: Gesù uomo come noi, nel quale “abita corporalmente tutta la pienezza della vita di Dio” (Col 2,9), Dio stesso.

don Andrea