Insieme

Cittadini servi di Dio, ma non di Cesare

Negli ultimi giorni prima di essere catturato e subire la morte vergognosa di croce, a Gerusalemme Gesù si è scontrato con quelli che sarebbero stati i suoi accusatori durante il processo. In questa domenica la liturgia ci propone il racconto della prima controversia, quella sul pagamento del tributo a Cesare.

Gesù, anziché rispondere direttamente, spiazza i suoi interlocutori: prima svela la loro malizia e ipocrisia chiedendo per quale motivo vogliono tentarlo, poi chiede loro di mostrargli una moneta e li interroga sull’effigie stampata su di essa e sull’iscrizione. Costoro rispondono ovviamente che l’immagine e l’iscrizione sono di Cesare. Allora Gesù pronuncia la famosa parola: “Restituite dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. Il detto di Gesù nella nostra epoca moderna, dove la separazione tra Chiesa e stato è diventata effettiva nella società, denuncia le situazioni in cui il potere mondano a volte vuole confinare la Chiesa nello spazio del privato; e quelle in cui altre volte la Chiesa vuole diffondere la religione civile che conviene allo stato, ricevendo in cambio da esso protezione e favori. La celebre parola di Gesù va dunque sempre ricompresa a partire da alcune semplici verità. Dicendo: “Restituite a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”, Gesù si tiene lontano da una politicizzazione di Dio così come da una sacralizzazione del potere politico. Cesare non è né Dio né divino. Nello stesso tempo, Dio non può prendere il posto di Cesare attraverso l’istituzione religiosa. Saremmo di fronte a due forme di idolatria che sconfessano l’autentica signoria di Dio, offendendola o pervertendola. Cesare non può pretendere per sé l’adorazione, non può pretendere di legiferare contro le convinzioni del cristiano, che in questo caso ha il dovere di obbedire a Dio piuttosto che al potere politico (At 5,29), ma ha un compito ben preciso: ordinare la società, affinché possa vivere nella logica della libertà e del bene comune. Potremmo dire che i doveri verso Dio sono annunciati a tutti, ovunque e sempre, ma ciò che si deve a Cesare, le tasse e i tributi, vanno assolutamente pagati. Ogni cristiano, così come ogni figlio di Israele, è in alleanza con il Signore e porta sulla propria mano l’iscrizione: “Io appartengo al Signore” (Is 44,5), e tuttavia vive nel mondo, riconoscendo l’autorità politica e obbedendo a essa in ciò che non contraddice la volontà e la signoria di Dio. La moneta porta impressa l’effigie di Cesare, ma l’uomo porta impressa l’immagine di Dio (Gen 1,27), dunque a Dio deve “restituire” se stesso interamente e obbedire a lui; a Cesare deve invece restituire quanto gli appartiene, non il proprio cuore!

Certamente con questa parola Gesù non voleva risolvere i nostri litigi e le nostre lotte politiche, perché ciò spetta alla nostra responsabilità che nasce da un discernimento che dobbiamo operare da noi stessi, come egli stesso ha avvertito: “Perché non giudicate, non discernete da voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12,57). Gesù non è stato e non ha voluto essere un Messia politico; e se ha confessato di essere Re, ha subito aggiunto di esserlo non come i re di questo mondo (Gv 18,36). Non è stato dunque un Cesare contro Cesare. Il cristiano deve pertanto essere un cittadino leale e capace di onorare il suo dovere verso lo Stato, ma sarà servo di Dio, mai servo degli uomini o di poteri umani; e soprattutto, si sentirà chiamato a una cittadinanza nel regno di Dio, nei cieli (Fil 3,20). Il cristiano sarà fedele alla terra, senza esenzioni né evasioni dalla storia, senza invocare spiritualizzazioni o fughe “angeliche”, ma opererà nel mondo secondo la volontà del Signore, cercando il bene comune, la libertà, la giustizia, la riconciliazione, la pace.

Enzo Bianchi

Ho trovato interessante questa riflessione nel clima di lotta e di incertezza politica nel quale viviamo a livello mondiale, a livello nazionale e talvolta a livello locale, come stimolo perché ciascun cittadino – credente e non – dei nostri paesi e di questo mondo si senta interpellato circa il suo ruolo.

don Andrea