Insieme

Perché i poveri sono i nostri benefattori

Capita ormai raramente di incontrare un povero alla porta delle nostre case. I sistemi di sicurezza di cui sono ormai dotate le abitazioni permettono a chi vi abita di sapere in anticipo chi è che sta alla porta, e di decidere, prima di incontrare la persona, se aprire o non aprire. Capita più spesso di incontrare le persone amate e gli amici cari – costoro superano i controlli, e vengono per casa! – ma di loro a volte non sappiamo più scorgere i bisogni e i desideri più profondi.

Ma anche ai tempi di Gesù, quando ancora non c’erano telecamere e videocitofoni, accadeva che i poveri rimanessero invano presso la porta delle case, sperando che il padrone di casa prima o poi si accorgesse di loro. E’ stato così per il povero Lazzaro: solo i cani, impietositi, gli leccavano le piaghe; il ricco, mai e poi mai si era degnato di fargli avere almeno qualche avanzo, nemmeno attraverso i servi.

Gesù, nel presentare il ricco protagonista del suo racconto, si perde in molti particolari per descrivere ciò che quest’uomo agiato possiede, ma si dimentica di dirci il suo nome. Capita anche a noi di fare così: “guarda quello: che macchina… che muscoli…!”; “guarda quella: che bellezza… che look… che telefonino!”. Insomma, una persona vale per quello che ha e che possiede, invece che per quello che è. Quante volte anche a noi viene di nominare la gente con aggettivi, non con nomi, perché non hanno sostanza. Si può arrivare a un punto nella vita, in cui – per via della logica del possedere – si perde persino la propria identità e il proprio nome.

Il racconto non vuole denunciare l’ingiustizia subita da Lazzaro, ma la tragedia di chi pensa che la vita è definita da ciò che si ha: il ricco senza nome, quando la morte lo priva di tutto ciò che possiede, scopre il niente che è. Perché è una tragedia? E’ una duplice tragedia!

Poco prima di provocare i suoi uditori con il racconto che leggiamo nel Vangelo di questa domenica, Gesù aveva rivolto loro un invito insolito: “fatevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, quelli vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9). E’ ciò che non ha fatto il ricco del racconto. E di conseguenza né il povero Lazzaro, né il santo patriarca Abramo, hanno potuto accogliere nelle dimore eterne il ricco che dall’inferno supplicava. La chiave di tutto il discorso sta nell’aggettivo “disonesta”. Non esiste una ricchezza onesta e una disonesta. La ricchezza è sempre disonesta. Essa promette pienezza di vita, sicurezza di futuro, soddisfacimento di tutti i desideri… ma è bugiarda – disonesta, appunto – poiché non sa e nemmeno può mantenere queste promesse. Le ricchezze sono disoneste: promettono e non mantengono. Ci saziano, ma non fino al punto da renderci veramente felici. Ecco perché la saggezza popolare chiama le ricchezze “sterco del demonio”: sono un inganno.

La tragedia è duplice: quel ricco, preso dall’avere più che dall’essere, si scopre – privato dei suoi beni – costretto a “non-essere”. Per lui l’eternità ha la forma del “non-essere”, dell’essere nulla. Le ricchezze accumulate da quel ricco oltre la misura del necessario, lasciate nel materasso, o in cassaforte, o in banca, non producono nessun utile: al ricco non servono, sono superflue; e non producono quel bene secondo giustizia che consiste nel “dare a ciascuno il suo giusto”, che permette ai poveri come Lazzaro di riscattarsi dalla loro situazione di indigenza e recuperare la propria dignità.

La vita di Gesù, la sua morte e la sua resurrezione non sono un’imposizione, ma una provocazione alla nostra libertà. Davanti alla sua testimonianza possiamo decidere di capire che la verità di noi sta nell’essere e non nell’avere, o ostinarci a vivere in maniera contraria, prigionieri dell’illusione della ricchezza e condannarci da noi stessi. Tutto dipende da noi, non da chi dovrebbe convincerci. Nessuno di noi, per quanto buono, è certo di guadagnarsi il paradiso. I poveri che avremo aiutato, diventano i nostri benefattori: saranno loro ad aprirci le porte della vita eterna.

don Andrea