Che significato ha la festa che in questa domenica celebriamo, quella della dedicazione della chiesa cattedrale, il Duomo di Milano? L’introduzione del foglietto della messa dice: “Nel Duomo di Milano ogni fedele di rito ambrosiano riconosce un segno di unità della fede”, e poi, citando il vescovo Mario: “tutte le comunità cristiane della diocesi riconoscono il Duomo come chiesa Madre”. E’ dunque una “festa della mamma”, che ci ricorda che c’è un cammino di Chiesa che ci accomuna e ci precede, nel quale nascono e fioriscono i nostri cammini personali.
Purtroppo, immersi nell’individualismo che caratterizza la cultura, molti cristiani hanno smarrito il senso di questa comune appartenenza: continuano a professarsi cristiani, ma non sentono più di appartenere ad una comunità e il desiderio di farne parte si è molto affievolito. Accanto a coloro che si professano atei o non credenti, o professano un credo diverso da quello cristiano, ci sono questi cristiani, che vivono un rapporto con Dio, che pregano, ma in modo del tutto personale.
Prendendo a prestito un’immagine del papa, è come se essi mantengono il nome “sono cristiano”, ma hanno dimenticato o messo da parte il cognome “appartengo alla Chiesa”. Questa cosa lui la definisce una “tentazione pericolosa e dannosa”.
Questa festa ci fa andare con il pensiero grato a coloro che ci hanno preceduto e che ci hanno accolto nella Chiesa. Nessuno è diventato cristiano da sé! Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano, appartiene a un popolo che si chiama Chiesa e questa Chiesa lo fa cristiano, nel giorno del Battesimo, e poi nel percorso della catechesi, e così via. Se noi crediamo, se sappiamo pregare, se conosciamo il Signore e possiamo ascoltare la sua Parola, se lo sentiamo vicino e lo riconosciamo nei fratelli, è perché altri, prima di noi, hanno vissuto la fede e poi ce l’hanno trasmessa. Abbiamo ricevuto la fede dai nostri padri, dai nostri antenati, e loro ce l’hanno insegnata. Se ci pensiamo bene, chissà quanti volti cari ci passano davanti agli occhi, in questo momento: può essere il volto dei nostri genitori che hanno chiesto per noi il Battesimo; quello dei nostri nonni o di qualche familiare che ci ha insegnato a fare il segno della croce e a recitare le prime preghiere. Oppure il volto del parroco, di un altro prete, o di una suora, di un catechista, di un giovane educatore che ci ha trasmesso il contenuto della fede e ci ha fatto crescere come cristiani… Ecco, questa è la Chiesa: una grande famiglia nella quale si viene accolti e si impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù.
Possiamo vivere questo cammino non soltanto grazie ad altre persone, ma insieme ad altre persone. Papa Benedetto ha parlato tante volte della Chiesa come un “noi” ecclesiale.
“È vero che camminare insieme è impegnativo – afferma papa Francesco -, e a volte può risultare faticoso: può succedere che qualche fratello o qualche sorella ci faccia problema, o ci dia scandalo… Ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi, a dei testimoni; ed è nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, con i loro doni e i loro limiti, che ci viene incontro e si fa riconoscere. E questo significa appartenere alla Chiesa. Ricordatevi bene: essere cristiano significa appartenenza alla Chiesa. Il nome è “cristiano”, il cognome è “appartenenza alla Chiesa”.
In questa festa, alcune domande emergono dal mio cuore: quali sono i motivi che tengono uniti ancora certi fedeli al loro “cognome”, pur vivendo in questo clima culturale fatto di individualismo? Come fare per custodire in questi credenti il senso di appartenenza alla Chiesa e rafforzarlo, perché non cadano nella tentazione di pensare di poter fare a meno degli altri, di poter fare a meno della Chiesa? Come fare perché questi credenti mostrino di nuovo affascinante “avere un cognome”, e contagiare chi non l’ha più della gioia di credere insieme? Non possiamo essere buoni cristiani se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire il Signore Gesù, come un unico popolo, un unico corpo, e questo è la Chiesa.
don Andrea